giovedì 21 agosto 2025

IMMUNOSIN: LA PROFILASSI DELL’RSV TRA REALTÀ ATTUALE E PROSPETTIVE FUTURE

Id Provider: 555

Evento n° 461724 


Data inizio:  24/09/2025

Data fine: 25/03/2026              


Crediti assegnati: 4

Corso gratuito

https://fad-ideagroupinternational.eu/course/immunosin-la-profilassi-dellrsv-tra-realta-attuale-e-prospettive-future



Il Virus Respiratorio Sinciziale (RSV): prevenzione e nuove strategie di sanità pubblica

Il Virus Respiratorio Sinciziale (RSV) è un’infezione stagionale molto comune che, soprattutto nei primi mesi di vita, può causare gravi malattie respiratorie come bronchiolite e polmonite, spesso richiedendo il ricovero ospedaliero e, nei casi più severi, cure intensive. Colpisce oltre il 90% dei bambini entro i due anni di età ed è la principale causa di ospedalizzazione nei lattanti sotto l’anno di vita, con un forte impatto sia sul sistema sanitario sia sulle famiglie.

A partire dalla stagione 2024-2025, in Italia è disponibile nirsevimab, un anticorpo monoclonale a lunga durata d’azione, indicato per la prevenzione delle infezioni delle basse vie respiratorie da RSV. Il farmaco può essere somministrato a tutti i neonati e ai bambini fino ai 24 mesi che presentano ancora condizioni di vulnerabilità durante la loro seconda stagione epidemica. La sua introduzione segna un importante progresso nella prevenzione, grazie all’elevata efficacia e sicurezza dimostrate negli studi clinici e confermate dall’esperienza reale.

Nirsevimab consente infatti di proteggere un’intera coorte di neonati – nati in stagione o fuori stagione, sani o con patologie che aumentano il rischio – garantendo una copertura di almeno sei mesi con un’unica somministrazione. Queste caratteristiche permettono di ipotizzare una strategia universale di sanità pubblica capace di modificare profondamente la storia naturale dell’RSV.

L’evento dedicato mira a presentare i risultati della prima campagna italiana di immunizzazione, condividendo buone pratiche, analizzando le criticità dei diversi modelli regionali e valutando l’impatto farmaco-economico di una strategia preventiva universale.

Per rendere efficace questo approccio è fondamentale un coordinamento tra società scientifiche, istituzioni sanitarie nazionali e regionali, così da superare le disparità territoriali, garantire equità di accesso e ridurre in maniera significativa il peso clinico e assistenziale dell’RSV nella popolazione neonatale e pediatrica.

mercoledì 20 agosto 2025

RIAL SM: L’APPROCCIO RIABILITATIVO COME FATTORE QUALIFICANTE NELLA VALUTAZIONE DELL’ACCOMODAMENTO RAGIONEVOLE PER IL LAVORATORE CON SCLEROSI MULTIPLA

Id Provider: 5599

Evento n° 459417 


Data inizio:  10/09/2025

Data fine: 15/12/2025              


Crediti assegnati: 6

Corso gratuito

https://www.aism.it/rial-sm-approccio-riabilitativo-lavoratore-sclerosi-multipla


RiaL SM: il ruolo della riabilitazione come elemento centrale nella valutazione dell’accomodamento ragionevole per i lavoratori con sclerosi multipla

Il progetto RiaL SM si propone di definire un percorso di Vocational Rehabilitation volto a gestire e ridurre le difficoltà lavorative delle persone con sclerosi multipla, favorendone l’accesso al mercato del lavoro o il mantenimento della propria occupazione.

Il programma formativo affronta il tema complesso del rapporto tra sclerosi multipla e lavoro, partendo dallo stato dell’arte internazionale sulla presa in carico lavorativa fino a presentare, anche attraverso un case study, il modello innovativo di Vocational Rehabilitation sviluppato nel progetto. Si tratta di un approccio multidimensionale e multiprofessionale, capace di integrare diverse competenze e servizi.

La testimonianza di un lavoratore con SM e delle difficoltà incontrate nel suo percorso professionale evidenzierà come sia fondamentale adottare interventi mirati e personalizzati. Tali misure possono includere adattamenti, modifiche organizzative e supporti specifici che permettano alle persone con disabilità di partecipare pienamente alla vita sociale e lavorativa, individuando la soluzione più adeguata di accomodamento ragionevole.

Nello specifico, saranno approfonditi alcuni esempi di adattamento: miglioramenti nell’organizzazione del lavoro, modifiche degli spazi, attività di informazione e sensibilizzazione rivolte ai colleghi.

LA DEPRESSIONE MAGGIORE IN COMORBILITÀ CON IL DISTURBO DA USO DI SOSTANZE: CLINICA E TERAPIA. LE DIECI COSE DA SAPERE

Id Provider: 555

Evento n°  455018 


Data inizio:   08/09/2025  

Data fine: 31/12/2025         


Crediti assegnati:  7

Corso gratuito

https://formazioneadistanza.expopoint.it/courses/2071


La comorbilità psichiatrica è una condizione tutt’altro che rara. Tutte le malattie mentali presentano un rischio aumentato di abuso di sostanze rispetto alla popolazione generale e, nella maggior parte dei casi, le dipendenze coesistono con un’altra patologia psichiatrica. Le forme cliniche più gravi di addiction si manifestano in circa il 10% delle persone esposte alle sostanze, mentre almeno il 30% dei pazienti con una diagnosi psichiatrica fa uso di alcol o droghe, spesso come tentativo di autogestione della propria condizione. Allo stesso modo, oltre la metà delle persone con Disturbo da Uso di Sostanze sviluppa nel corso della vita un disturbo psichiatrico.

Nonostante la rilevanza del fenomeno, circa il 50% dei soggetti che soffrono contemporaneamente di un disturbo mentale e di un disturbo da uso di sostanze non riceve alcuna forma di trattamento, e solo il 9% accede a cure integrate per entrambe le patologie.

Tra le condizioni psichiatriche maggiormente associate alle dipendenze, la depressione rappresenta il disturbo più comune, con tassi di comorbilità che raggiungono il 20%. La depressione è oggi una delle malattie più diffuse e in crescita a livello globale: oltre 300 milioni di persone nel mondo ne sono affette, rendendola la principale causa di disabilità nei Paesi occidentali. In Italia coinvolge più di 2,8 milioni di individui sopra i 15 anni, con una prevalenza doppia nelle donne rispetto agli uomini.

Esiste una stretta correlazione tra la gravità del Disturbo da Uso di Alcol e l’intensità del Disturbo Depressivo Maggiore nelle persone comorbili. La depressione, infatti, aumenta il rischio di ricorso alle sostanze, favorisce le ricadute e contribuisce alla cronicizzazione della dipendenza. Nonostante ciò, la componente depressiva che accompagna l’abuso di sostanze viene spesso sottovalutata o non diagnosticata, lasciando senza trattamento una delle variabili più significative nella genesi e nel mantenimento della dipendenza.

Per questo motivo, indagare e trattare adeguatamente i disturbi dell’umore nei pazienti dipendenti rappresenta una priorità clinica. La gestione efficace della depressione riduce il consumo di sostanze, migliora la prognosi della dipendenza e favorisce una migliore qualità di vita.

Le evidenze scientifiche sottolineano l’importanza di un approccio terapeutico integrato e condiviso tra tutti gli operatori coinvolti, al fine di garantire interventi realmente efficaci nei casi di patologia duale.

Questa FAD è dedicata proprio all’approfondimento della depressione in comorbilità con i disturbi da uso di sostanze e ha come obiettivo quello di fornire strumenti pratici e terapeutici per una presa in carico completa e integrata del disturbo duale.

Chi svolgerà questo corso può condividere opinioni, dubbi o altro nei commenti qui sotto. Grazie mille a tutti!

IL DIABETE MELLITO: CRITERI CLINICO-TERAPEUTICI, L’ATTIVITA’ FISICA, LA RESPONSABILITA’ MEDICO-LEGALE

Id Provider: 456

Evento n°  461326


Data inizio: 01/09/2025

Data fine:    31/12/2025       


Crediti assegnati: 6

Corso gratuito

https://fad.deloscommunication.it/event/319/showCard

La FAD ha l’obiettivo di mettere in luce tematiche cliniche di particolare rilevanza nell’ambito del diabete, spesso non affrontate in maniera sufficientemente approfondita.
Rappresenta, inoltre, un’importante opportunità di aggiornamento per gli specialisti che operano in diabetologia, favorendo la condivisione delle conoscenze e l’esplorazione delle più recenti acquisizioni della ricerca e della pratica clinica.

Il panorama delle patologie correlate al diabete è in continua evoluzione e richiede un costante aggiornamento, nonché una comprensione sempre più approfondita delle nuove sfide diagnostiche e terapeutiche.
Il focus della FAD, dedicato ai nuovi scenari clinici e alle prospettive terapeutiche in diabetologia, intende rispondere a questa esigenza, offrendo un approccio completo ai temi della diagnosi, della gestione e della prevenzione del diabete e delle sue complicanze.

Il programma affronterà argomenti di grande attualità e rilevanza per la pratica quotidiana, quali:

  • screening e diagnosi precoce del diabete;

  • innovazioni terapeutiche in diabetologia e nella gestione dell’obesità;

  • utilizzo delle tecnologie digitali nella pratica clinica;

  • ruolo e benefici dell’attività fisica adattata;

  • aggiornamenti sulle normative in tema di privacy, ambito delicato e in costante trasformazione.

La FAD si configura quindi come un’occasione preziosa per ampliare le competenze, confrontarsi su approcci innovativi e contribuire allo sviluppo e al progresso della diabetologia.



martedì 19 agosto 2025

QUATTRO LEZIONI DI PAOLO MIGONE

Id Provider: 18

Evento n°   456831


Data inizio: 18/08/2025

Data fine:    31/12/2025       


Crediti assegnati: 4

Corso gratuito

https://stilemaeventi.it/event/quattro-lezioni-di-paolo-migone


Il disturbo borderline 

Paolo Migone affronta un tema importante e dibattuto, che da decenni interessa gli psicoterapeuti: ripercorre gli aspetti descrittivi, storici, psicodinamici e terapeutici del disturbo borderline, in un excursus che arriva fino alle ricerche più recenti. La lezione prende le mosse dalla nascita della parola “borderline”, originariamente aggettivo, diventata nel tempo sostantivo secondo alcune classificazioni diagnostiche. Se alla metà del Novecento il disturbo, associato alla schizofrenia (e per questo si parlava di borderline schizophrenia, in cui borderline era un aggettivo che significava “al bordo della schizofrenia”), collocava questi pazienti gravi in una terra di mezzo tra nevrosi e psicosi ma vicini alla psicosi, la valutazione cambiò radicalmente con Robert Spitzer. Lo psichiatra americano, a capo della task force incaricata di redigere il DSM-III del 1980, elencò una serie di criteri diagnostici dai quali emergeva un nuovo significato del termine “borderline”. Il paziente che verrà inizialmente definito come caratterizzato da una unstable personality (personalità instabile) sarà descritto non più come vicino alla schizofrenia bensì come impulsivo, arrabbiato, a volte molto depresso. Quindi con la nuova diagnosi potremmo dire che il paziente borderline non si colloca più vicino alla schizofrenia ma all’altra delle due psicosi maggiori, la psicosi maniaco-depressiva, oggi chiamata “disturbo bipolare”. Questa tendenza a dare priorità ai disturbi dell’umore peraltro caratterizzerà tutta l’impostazione del DSM-III. La storia del disturbo borderline nel susseguirsi dei vari DSM è ripercorsa da Migone soffermandosi in particolare sul DSM-5, la cui sezione sui disturbi di personalità venne totalmente rinnovata su basi dimensionali e non più categoriali, ma che la stessa American Psychiatric Association decise all’ultimo momento di abbandonare giudicandola troppo complessa per il clinico e di collocarla nella Sezione III del manuale Migone elenca i nove criteri diagnostici del disturbo borderline del DSM-IV (e quindi del DSM-5), sottolineandone gli aspetti problematici per quanto riguarda la validità di costrutto, tanto è vero che fu presa in considerazione anche la possibilità di eliminarlo dal manuale. Nella parte storica, vengono passate brevemente in rassegna le numerose definizioni del disturbo borderline date già a partire dai primi decenni del Novecento, per mostrare quanti ricercatori, anche e soprattutto di area psicoanalitica, hanno lavorato attorno a questo quadro clinico. 

La diagnosi secondo i DSM 

Dei cinque DSM (cioè le varie edizioni del manuale diagnostico dell’American Psychiatric Association) il corso accenna inizialmente al primo e al secondo rispettivamente del 1952 e del 1968 – privi di criteri diagnostici, quindi di scarsa importanza – focalizzandosi sulla rivoluzione del terzo, il DSM-III del 1980, che si è imposto superando come importanza l’ICD (ovvero l’International Classification of Diseases) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Il DSM-5 ha seguito le caratteristiche del DSM-III, introdotto in anteprima per l’Italia proprio da Paolo Migone sulle pagine della rivista “Psicoterapia e Scienze Umane” (dove ha presentato anche i successivi DSM e i PDM, cioè le edizioni del Manuale Diagnostico Psicodinamico). Il DSM-III è stato il primo ad adottare un criterio non teorico ma descrittivo, che consiste nel descrivere i sintomi come li vede il clinico: così facendo si cercava di superare lo scoglio delle diverse teorie che impediva ai clinici di trovare un accordo, e anche di salvare la psichiatria dalla crisi dell’attendibilità delle diagnosi. Infatti risultava, ad esempio, che vi fossero molte più diagnosi di schizofrenia negli Stati Uniti che in Europa: è stato possibile dimostrare che non si trattasse di un dato epidemiologico ma dovuto a diversi criteri per fare diagnosi. Migone mette poi in luce alcune dicotomie dei DSM (politetico/monotetico, validità/attendibilità, e categorie/dimensioni), e discute il sistema multiassiale, purtroppo eliminato dal DSM-5. Vi era l’aspettativa che il DSM-5 riuscisse a superare la crisi dei DSM, però si può dire che il tentativo di raggiungere non solo l’attendibilità ma anche la validità sia fallito, e la comorbilità si è rivelata il tallone di Achille dei DSM. Per risolvere questa crisi il DSM-5 ha introdotto alcuni aspetti dimensionali e ha richiesto che in certe diagnosi alcuni criteri diagnostici fossero sempre presenti. È stato poi formulato un nuovo modello dimensionale per i disturbi di personalità, alla fine escluso perché troppo complesso e perché si temeva potesse incidere sulle vendite, pertanto non si poté fare altro che reintrodurre tutte le diagnosi di personalità del DSM-IV, con i relativi problemi di validità. Altre novità del DSM-5 sono l’introduzione del concetto dimensionale di “spettro” per vari disturbi e l’abbassamento delle soglie diagnostiche, che implica un aumento di diagnosi con un conseguente maggiore uso di farmaci, a vantaggio delle case farmaceutiche. Si è anche formato un movimento internazionale di boicottaggio del DSM-5, al quale hanno partecipato anche i capi delle task force dei due precedenti DSM. 

La molteplicità dei modelli in psicoterapia 

In psicoterapia esistono molti approcci, a volte addirittura opposti, per affrontare un medesimo disturbo. Come superare tale impasse? Una soluzione potrebbe essere applicare il metodo sperimentale per verificare l’efficacia delle diverse tecniche, ma è difficile attuare in psicoterapia gli “studi randomizzati controllati” (randomized controlled trials [RCT]) così come si fa con i farmaci (“doppio cieco”, uso del placebo, etc.) Ma perché esistono tante scuole psicoterapeutiche? Migone sottolinea come occorra una prospettiva storica. Ad esempio, alcune scuole sono sorte come reazione ad altre, oppure per specifiche diagnosi o fasce di età. Inoltre certe scuole sopravvivono per semplice ignoranza degli altri approcci, o per tradizione storica, di fedeltà ai “padri fondatori”, quindi per motivi affettivi, o per quella che Migone chiama “insicurezza di identità”. Vi sono poi scuole che usano terminologie diverse ma dietro alle quali vi sono gli stessi concetti, e vi è una resistenza a prenderne atto. Esiste un movimento per l’integrazione in psicoterapia, la Society for the Exploration of Psychotherapy Integration (SEPI), di cui esiste anche un gruppo italiano che Migone anni fa ha contribuito a fondare, che lavora in questo senso. La SEPI non mira all’eclettismo (che è clinico), ma all’integrazione teorica dei diversi modelli. È importante conoscere modelli diversi, perché il paziente potrebbe sentirsi compreso meglio da un approccio piuttosto che da un altro. Non solo: idealmente lo psicoterapeuta avrebbe dovuto fare esperienza personale di certe sofferenze psicologiche perché è in questo modo che riesce a comprendere il paziente, e quest’ultimo a sentirsi compreso. Lo psicoterapeuta quindi dovrebbe essere una persona che non si richiude nella “parrocchia” della propria scuola, altrimenti tenderà a vedere in tutti i suoi pazienti il modello che ha imparato. La proposta che fa Migone è ritenere legittimi i diversi modelli psicoterapeutici in quanto guardano il paziente da una loro prospettiva, in una ricerca infinita. Non c’è un solo modo per conoscere “la verità”, che è inconoscibile. Occorre lasciar aperto il campo della ricerca in psicoterapia, affinché continuino a sussistere modi diversi di conoscere il paziente, altrimenti si arresterebbe il processo di conoscenza. 

Inconscio psicoanalitico e cognitivo 

L’inconscio psicoanalitico e l’inconscio cognitivo non sono due “fedi” rivali, ma due tipi di processi inconsci studiati maggiormente da autori della tradizione psicoanalitica il primo e di quella cognitiva il secondo. E si è capito che non esiste un inconscio, ma molti inconsci, e sia gli psicoanalisti che i cognitivisti ne sono ben consapevoli. L’inconscio psicoanalitico è “dinamico”, nel senso che certi contenuti mentali possono passare dallo stato conscio a quello inconscio e viceversa. Un trauma ad esempio può essere dimenticato perché doloroso, ma in certe condizioni favorevoli tornare alla memoria. La psicoanalisi postula che il prezzo pagato per questa rimozione può essere un sintomo (ad esempio una depressione), che può scomparire se si riesce a ricordare ed elaborare quel trauma che era stato rimosso. Un’altra caratteristica dell’inconscio psicoanalitico è quella di essere, come una volta lo definì Freud, un “calderone ribollente” di impulsi e desideri. Questo aspetto lo rende molto diverso dall’inconscio cognitivo, dove si parla invece di “cognizioni”, di problem solving, e di “processi” più che di “contenuti”. Il terapeuta cognitivo concepisce l’inconscio come rappresentazioni mentali implicite o tacite, cioè non consapevoli, le quali, se disfunzionali, vanno modificate, cercando di renderle consapevoli. Si suol dire che il cognitivismo sia l’erede del comportamentismo, nel senso che si è passati dal semplice modello stimolo-risposta (S-R) alla concezione di una “mediazione cognitiva” che si infrappone tra S e R, cioè a un modello più complesso. In realtà i due padri storici della terapia cognitiva, Aaron Beck e Albert Ellis, provenivano dalla psicoanalisi, e volevano proporre un trattamento più semplice e più breve di quello psicoanalitico. Per inconscio cognitivo si intende quella parte del funzionamento mentale che è inconscia non perché è stata rimossa, ma perché non è mai stata conosciuta, e quindi non potrà mai essere ricordata, né è utile che lo sia. Si può anche dire che l’inconscio cognitivo sia quella parte di noi “che non si può mai ricordare né dimenticare”, ed è una parte importantissima per la vita quotidiana perché regola i movimenti automatici (andare in bicicletta, camminare, ecc.). Ma riguarda anche i rapporti interpersonali e gli stili di attaccamento.

Chi svolgerà questo corso può condividere opinioni, dubbi o altro nei commenti qui sotto. Grazie mille a tutti!

venerdì 8 agosto 2025

BIOPSIA LIQUIDA NEL TUMORE DELLA MAMMELLA: SINERGIA TRA INFERMIERE, PATOLOGO MOLECOLARE E ONCOLOGO

Id Provider: 2157

Evento n°  455162 


Data inizio: 18/08/2025

Data fine: 15/12/2025     


Crediti assegnati: 3

Corso gratuito

https://www.medicaecm.it/event/722/showCard


La caratterizzazione molecolare delle pazienti affette da carcinoma mammario ER+/HER2- include anche l’impiego della biopsia liquida, strumento sempre più rilevante nella definizione del profilo tumorale.

Come per ogni analisi molecolare, una delle fasi più critiche per garantire l’accesso a trattamenti mirati è quella preanalitica, che richiede standard elevati di accuratezza e qualità. In questo contesto, il ruolo dell’infermiere assume un'importanza strategica, contribuendo in modo decisivo alla corretta esecuzione delle procedure e alla gestione del campione biologico.

Il corso si propone di formare il personale infermieristico sui bisogni specifici dei professionisti coinvolti nel percorso diagnostico-terapeutico (quali oncologi e anatomopatologi), offrendo strumenti per ottimizzare e standardizzare la fase preanalitica, elemento essenziale per una diagnosi affidabile.

In un contesto in rapida evoluzione, in cui la biopsia liquida sta trasformando l’approccio alla gestione del tumore mammario, gli infermieri sono chiamati a svolgere un ruolo sempre più centrale all’interno dei team multidisciplinari, contribuendo attivamente a migliorare la qualità delle cure.

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domenica 3 agosto 2025

DAL PAZIENTE FRAGILE AL PAZIENTE OBESO: NUOVE PROSPETTIVE NELLA GESTIONE NUTRIZIONALE DELLA CKD

Id Provider: 316

Evento n°   454157 


Data inizio: 02/09/2025 

Data fine: 29/12/2025
   

Crediti assegnati: 4

Corso gratuito



La Malattia Renale Cronica (CKD) rappresenta una sfida sempre più rilevante per il sistema sanitario, sia per la sua crescente diffusione, sia per l’impatto che esercita sulla qualità di vita dei pazienti. Tra i pilastri fondamentali della gestione clinica del paziente nefropatico, la terapia nutrizionale riveste un ruolo centrale, in quanto può contribuire in modo significativo a rallentare la progressione della malattia, migliorare gli esiti clinici e affrontare efficacemente le comorbidità.

Tuttavia, condizioni frequenti come fragilità, malnutrizione, sarcopenia e obesità pongono sfide complesse che impongono un approccio terapeutico multidisciplinare e personalizzato.

Il corso si propone di approfondire il valore della nutrizione clinica nella gestione della CKD, evidenziando come un intervento nutrizionale adeguato e individualizzato possa influenzare positivamente l’evoluzione della patologia, la risposta alla terapia sostitutiva e la qualità della vita.

Attraverso sessioni interattive, l’analisi di casi clinici e discussioni multidisciplinari, verranno trattati temi fondamentali quali:

  • l’epidemiologia della CKD in Italia,

  • la valutazione della fragilità nei pazienti con malattia renale,

  • l’impatto della malnutrizione e della composizione corporea sulla prognosi,

  • le strategie nutrizionali nelle diverse fasi della CKD, con particolare attenzione alla dieta ipoproteica e alla gestione nutrizionale durante la dialisi.

L’obiettivo finale è fornire ai professionisti strumenti pratici e aggiornati per integrare efficacemente la nutrizione nel percorso di cura del paziente nefropatico.

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GEP-NET TALK: DALL’ESPERIENZA CLINICA ALLA PRATICA CONDIVISA

Id Provider: 102

Evento n° 452938 


Data inizio:  01/09/2025

Data fine:  31/12/2025   


Crediti assegnati: 11

Corso gratuito

https://www.intermeeting.com/corsi/gep-net-talk/


Le neoplasie neuroendocrine rappresentano tumori rari e complessi, caratterizzati da differenti presentazioni cliniche. Tra queste, le forme ben differenziate – denominate tumori neuroendocrini (NET) – si localizzano più frequentemente a livello del tratto gastroenteropancreatico (GEP). I GEP-NET si distinguono per un’elevata eterogeneità biologica e clinica, rendendo necessaria una valutazione accurata di numerosi parametri: morfologia, grado di differenziazione, caratteristiche istologiche, sintomatologia, espressione dei recettori della somatostatina, tra gli altri. La complessità della gestione richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga diverse figure specialistiche, tra cui oncologi, gastroenterologi, anatomopatologi e medici nucleari.

Tra le opzioni terapeutiche attualmente disponibili, la radioligand therapy (RLT) rappresenta un approccio innovativo nell’ambito dell’oncologia di precisione. Questa terapia, oggi approvata per i GEP-NET, si basa sull’impiego di radiofarmaci – analoghi della somatostatina marcati con isotopi radioattivi – in grado di colpire in modo selettivo le cellule tumorali che esprimono specifici recettori, preservando i tessuti sani circostanti.

La crescente diffusione e consapevolezza dei benefici offerti dalla RLT impone una gestione sempre più coordinata e condivisa del paziente affetto da NET, valorizzando il confronto tra specialisti di diverse aree cliniche.

Obiettivo del corso è stimolare la riflessione e il confronto multidisciplinare attraverso la discussione di 15 casi clinici reali di pazienti con GEP-NET trattati con RLT, al fine di supportare e ottimizzare il percorso diagnostico-terapeutico all’interno di team specialistici integrati.

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venerdì 1 agosto 2025

MALATTIE RARE 2/2025

Id Provider: 150

Evento n°  456515  


Data inizio:  01/08/2025

Data fine:  31/12/2025   


Crediti assegnati: 5

Corso gratuito

https://effetti.education/


Perché una FAD dedicata alle malattie rare?


Perché crediamo fortemente nel valore della divulgazione scientifica e riteniamo che sia arrivato il momento di coinvolgere in modo diretto e capillare la classe medica in un progetto formativo capace di raggiungere il più ampio pubblico possibile. L’obiettivo è trasferire conoscenze, approfondimenti e spunti di riflessione che, altrimenti, resterebbero confinati a contesti specialistici ristretti.


Per evitare che si crei un divario tra la medicina specialistica e quella generale, abbiamo scelto di rivolgerci in particolare a medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, internisti e specialisti attivi nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale ma non direttamente coinvolti nel campo delle malattie rare.


Attraverso un approccio divulgativo, ma rigoroso dal punto di vista scientifico, intendiamo favorire la diffusione di elementi culturali utili alla pratica clinica quotidiana. Il nostro intento è quello di rendere accessibili concetti spesso complessi, offrendo strumenti per riconoscere fenotipi sospetti in pazienti seguiti da tempo ma mai correttamente diagnosticati, oppure per sapere a chi rivolgersi per approfondimenti diagnostici, terapeutici o assistenziali.


La FAD si articola in diverse sezioni, che comprendono: analisi critiche della letteratura (review), presentazione di casi clinici, aggiornamenti sulle terapie emergenti, riflessioni etiche e approfondimenti tecnologici. Un percorso pensato per ampliare le competenze e rendere più efficace l’identificazione e la gestione delle malattie rare nella pratica quotidiana.


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martedì 29 luglio 2025

TRE LEZIONI SULLA GUERRA

Id Provider: 18

Evento n°   456839 


Data inizio: 08/08/2025

Data fine:    31/12/2025       


Crediti assegnati: 3

Corso gratuito

https://stilemaeventi.it/event/tre-lezioni-sulla-guerra


La guerra, oggi più che mai, rappresenta un argomento di stringente attualità. Mentre il conflitto nel cuore dell’Europa prosegue, un nuovo e drammatico scenario si è aperto in Medio Oriente. Questa realtà impone una riflessione sulla tenuta psicologica e sulle conseguenze psichiche per chiunque ne sia coinvolto, direttamente o indirettamente. È fondamentale, inoltre, ripensare le modalità di intervento e di trattamento terapeutico alla luce di questi scenari.


Etica del conflitto e guerre fratricide

Maurizio Bettini, senza entrare nei conflitti contemporanei, propone una riflessione profonda sulle radici linguistiche e culturali del concetto di guerra. Analizzando le parole che i romani usavano per indicare il nemico – hostis come pari legittimo, distinto da inimicus, il nemico personale – Bettini ricostruisce un’etica del conflitto oggi smarrita.

Attraverso episodi tratti dall’Iliade, dalla mitologia romana e dalle memorie familiari, emergono valori arcaici in cui il riconoscimento dell’altro, anche in guerra, rappresentava un elemento nobilitante. I combattimenti narrati nell’Iliade, pur crudi e violenti, esprimevano un’ideale di valore e onore.

I romani, inoltre, distinguevano tra guerre giuste (bellum iustum) e guerre indegne, come quelle contro predoni (perduelles), rifiutando ogni legittimazione della violenza indiscriminata.

Emblematico è il racconto della guerra tra romani e albani: un conflitto tra popoli consanguinei, reso ancor più empio e contaminante dalla tragedia degli Orazi e Curiazi. Questa “guerra fratricida” antica sembra oggi rispecchiarsi nel dramma europeo, dove popoli storicamente fratelli si affrontano in un conflitto devastante.


Traumi di guerra e conseguenze psicopatologiche

Maria Silvana Patti offre un’analisi attuale e concreta del trauma da guerra, dei suoi esiti psicopatologici e degli interventi terapeutici da mettere in atto. La guerra in Ucraina ha riacceso l’attenzione dell’opinione pubblica occidentale sulle conseguenze psicologiche della guerra, che non coinvolgono solo i combattenti, ma anche civili, soccorritori, giornalisti, operatori umanitari e persino gli spettatori lontani, esposti al cosiddetto trauma vicario.

Dagli studi antichi – come le osservazioni di Senofonte – ai primi approcci scientifici sul trauma psicologico (Hermann Oppenheim, fine Ottocento), la riflessione sul danno psichico legato alla guerra si è evoluta, culminando nel riconoscimento ufficiale del disturbo post-traumatico da stress (PTSD) nel DSM III (1980).

Nel corso, si evidenziano le principali strategie di intervento nelle emergenze, con un focus sui bambini, spesso esposti al trauma senza protezione né strumenti per elaborarlo. La docente sottolinea l’urgenza di prevenire la trasmissione intergenerazionale del trauma, poiché società future costruite su individui incapaci di elaborare la sofferenza rischiano di diventare profondamente fragili.


Psicologia, guerra e trauma: riflessioni di Miguel Benasayag

Miguel Benasayag, psichiatra e filosofo, porta in aula un'esperienza personale intensa: da giovane militante argentino, fu imprigionato e torturato durante la dittatura. All'interno del carcere, si occupava clandestinamente di prendersi cura psicologicamente dei compagni di prigionia. Da allora, si interroga su come sia possibile curare chi è stato completamente spezzato dalla violenza.

Oggi, di fronte ai traumi dei sopravvissuti agli attentati, ai rifugiati, o ai bambini segnati dalle guerre, Benasayag invita i clinici a ripensare il loro ruolo. La figura dello psichiatra non può più offrire rassicurazioni illusorie: vive lo stesso mondo minaccioso del paziente.

La sua proposta, chiamata “terapia situazionale”, parte dal presupposto che non si può più promettere un futuro rassicurante. Al contrario, il compito del terapeuta è accompagnare il paziente in un presente complesso e inquietante, senza mentire, accettando di non avere tutte le risposte. In un mondo dove il futuro è diventato minaccia – tra crisi ecologiche, guerre e pandemia – è necessario costruire un’etica dell’esistenza qui e ora.

Come recita Beckett: "Questo è il nostro tutto". Ed è da qui che bisogna ripartire.