Id Provider: 11
Evento n° 436839
Data inizio: 29/01/2025
Data fine: 31/12/2025
Crediti assegnati: 1
Corso gratuito
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Le aritmie in gravidanza rappresentano una sfida clinica significativa per i cardiologi, richiedendo un'attenta
valutazione e un approccio personalizzato. La complessità del quadro fisiologico della gestazione e le possibili
implicazioni per la madre e il feto impongono una gestione multidisciplinare basata su evidenze scientifiche
e sulla valutazione dei rischi-benefici di ogni intervento. Pur essendo eventi relativamente comuni, le aritmie
in gravidanza possono variare in gravità, dalle forme benigne e asintomatiche a situazioni che mettono a
rischio la stabilità emodinamica. In particolare, nelle donne con cardiopatia strutturale nota, le aritmie
costituiscono uno dei principali predittori di eventi cardiaci avversi, richiedendo un monitoraggio costante e
un trattamento appropriato.
Durante la gravidanza, si verificano adattamenti cardiovascolari profondi, tra cui l’aumento del volume
plasmatico (fino al 50%), con conseguente incremento della gittata cardiaca (30-50% rispetto ai valori basali);
la riduzione delle resistenze vascolari periferiche che diminuisce il postcarico ventricolare; l’incremento dei
livelli ormonali (progesterone, estrogeni) che influenzano la conduzione elettrica del cuore; l’iperattivazione
del sistema nervoso simpatico e l’aumento delle catecolamine plasmatiche. Questi cambiamenti creano un
substrato elettrofisiologico predisponente per l’insorgenza di aritmie, anche in donne senza pregressa
patologia cardiaca. In alcune pazienti, l’aritmia rappresenta la recidiva di un disturbo noto (come la
fibrillazione atriale o la tachicardia sopraventricolare), mentre in altre può essere il primo segnale di patologie
severe, come cardiomiopatia peripartum o cardiopatie congenite non diagnosticate. Nelle donne con
cardiopatia strutturale, l’incremento del lavoro cardiaco può determinare uno scompenso emodinamico, con
rischio di ischemia miocardica e ridotta perfusione fetale.
Le più frequenti aritmie in gravidanza sono le extrasistoli atriali e ventricolari, che sono presenti nel 50-60%
delle gravidanze e sono generalmente benigne e asintomatiche. Esistono tuttavia anche le tachicardie
sopraventricolari (TSV), tra cui la tachicardia parossistica sopraventricolare (TPSV) e il flutter atriale; la
fibrillazione atriale (FA), meno comune, ma associata a un rischio significativo di eventi tromboembolici e
infine la tachicardia ventricolare (TV), rara ma potenzialmente letale, soprattutto in donne con
cardiomiopatia o cardiopatia ischemica sottostante.
Le donne con cardiopatia strutturale nota presentano un rischio maggiore di eventi avversi durante la
gravidanza. I principali predittori includono: precedenti eventi cardiaci (aritmie severe, scompenso cardiaco,
ictus); Classe funzionale NYHA > II; presenza di cianosi; ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro e
disfunzione ventricolare con frazione di eiezione ridotta.
Questi fattori rendono necessaria una stratificazione del rischio pre-concezionale e un follow-up
multidisciplinare durante l’intera gravidanza. La gestione delle aritmie in gravidanza richiede infatti un
equilibrio tra controllo efficace del ritmo e sicurezza materno-fetale e le strategie terapeutiche possono
essere suddivise in approcci non farmacologici, farmacologici ed infine in interventi avanzati. L’approccio
non farmacologico consiste sostanzialmente in educazione e rassicurazione, giacché la maggior parte delle
aritmie benigne può essere gestita, soprattutto in assenza di sintomi significativi, semplicemente con attività
di rassicurazione della madre rispetto alla situazione che sta vivendo. Anche le manovre vagali, tra cui la
manovra di Valsalva e il massaggio del seno carotideo, sono sicure e possono interrompere tachicardie
sopraventricolari parossistiche. L’utilizzo di dispositivi Holter o registratori di eventi è comunque importante,
in questo contesto, per la valutazione della frequenza e della gravità delle aritmie, consentendo un utile
monitoraggio.
Il ricorso alla terapia farmacologica, con l’utilizzo di farmaci antiaritmici, deve essere attentamente valutato,
tenendo conto della teratogenicità e degli effetti emodinamici. La scelta deve seguire le linee guida più
aggiornate. I Beta-bloccanti (quali metoprololo e propranololo) rappresentano la prima linea per il controllo
delle tachicardie sopraventricolari e della fibrillazione atriale, tuttavia il loro utilizzo deve essere monitorato
per i rischi di bradicardia fetale e di ritardo di crescita intrauterina. Anche i Calcio-antagonisti (es. verapamil)
risultano efficaci per la gestione delle tachicardie sopraventricolari, ma il loro utilizzo deve essere cauto per
il rischio di ipotensione materna. Gli Anti-aritmici della classe IC (es. flecainide) presentano un buon profilo
di sicurezza e sono indicati in caso di aritmie refrattarie, mentre l’utilizzo di amiodarone, riservato alle aritmie
ventricolari potenzialmente letali, necessita di ampio controllo esponendo al rischio di ipotiroidismo fetale e
ritardo di crescita. L’adenosina infine può essere considerato un farmaco di prima scelta per interrompere tachicardie sopraventricolari acute, grazie alla sua breve emivita e alla sicurezza fetale.
L’utilizzo di farmaci antiaritmici durante la gravidanza solleva quindi preoccupazioni sulle implicazioni fetali
e la sicurezza terapeutica, in quanto le principali complicanze includono, come sopra accennato, bradicardia
e ipotensione fetale, ipotiroidismo congenito e gozzo, ritardo di crescita intrauterina e depressione
respiratoria neonatale. Per ridurre questi rischi, è fondamentale somministrare la dose minima efficace e
monitorare attentamente la madre e il feto durante il trattamento.
Infine, solo nei casi di aritmie refrattarie o potenzialmente pericolose, sono indicati interventi più invasivi,
quali la cardioversione elettrica, che risulta sicura durante tutte le fasi della gravidanza con protezione del
feto, l’ablazione transcatetere, da riservare ai casi severi e refrattari, preferibilmente nel secondo o terzo
trimestre per limitare l’esposizione alle radiazioni e l’impianto di defibrillatore (ICD), indicato in pazienti con
rischio elevato di aritmie ventricolari fatali.
Le aritmie in gravidanza richiedono dunque un approccio multidisciplinare e altamente personalizzato. La
maggior parte delle aritmie è di natura benigna e può essere gestita con misure non farmacologiche e
rassicurazione. Nei casi più gravi, la terapia farmacologica e gli interventi avanzati devono essere pianificati
con attenzione per garantire la sicurezza materna e fetale. La chiave per un esito favorevole è rappresentata
da una valutazione pre-concezionale accurata, un monitoraggio continuo durante la gravidanza e un
intervento tempestivo nei casi ad alto rischio. La collaborazione tra cardiologo, ginecologo e neonatologo è
essenziale per ottimizzare la gestione delle aritmie e ridurre al minimo le complicanze.
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